Le fasi di lavorazione della pietra naturale sono strettamente legate alla tipologia geologica del materiale e alla sua provenienza geografica: oggi la tradizione dei cavatori e degli scalpellini si incrocia con le moderne tecniche di estrazione e affinamento del cavato.
Dalle montagne alle nostre case
Una delle pietre più rinomate in Italia ed all’estero è il porfido, proveniente dalle cave della Provincia Autonoma di Trento, in particolare dalla piattaforma vulcanica atesina, dove famiglie di cavatori storici, oggi spesso affiancate da scalpellini provenienti dalle montagne indiane o pakistane, a causa dell’abbandono di questa professione da parte degli abitanti locali, producono la gran parte del porfido utilizzato in Italia e ne esportano anche grandi quantità fino agli USA o agli Emirati Arabi.
Dalle grandi pareti verticali delle montagne trentine si estraggono grandi massi di porfido, con tecniche simili a quelle utilizzate per il marmo e le altre pietre naturali, quindi taglio con corde diamantate, senza uso di esplosivi se non quando il prodotto sia di carente qualità e possa essere impiegato solo come materiale di riempimento per fondi stradali o altri basamenti.
Una volta ridotti i grandi massi in porzioni più adeguate per le applicazioni più pregiate si possono ricavare lastre, sempre utilizzando il taglio meccanico, che poi vengono levigate e lucidate per essere utilizzate per interni o piani di mobili, mentre il classico cubetto di porfido per pavimentazioni stradali o civili viene ancora spaccato a mano dagli scalpellini, che sono in grado di ricavarne anche lastre di spessore minimo e di grande effetto architettonico, spesso utilizzate per pavimentazioni antiscivolo.
Passando dalle diverse forme ricavate con il taglio o con lo spacco, dalle forme più grezze quali cordonate per marciapiedi, plinti o gradini massicci, si migliora la qualità della pietra per un suo uso al pari di quelle più pregiate, fino ad arrivare a piastrelle, gradini, zoccoli e battiscopa.